Il vino in Tunisia: le donne raccontano

Il vino in Tunisia: le donne raccontano

Ilaria Guidantoni incontra Samia Benali
Tunisia, un dettaglio caratteristico
Tunisia, un dettaglio caratteristico

Com’è la situazione del vino in Tunisia? “Ora che il vino rischia di diventare fuori legge, è anche un momento di sfida per farne un prodotto di qualità. Il consumo infatti sta crescendo come la qualità. Il 70% della produzione – 30 milioni di bottiglie – resta nel mercato locale, il resto finisce principalmente sul mercato dell’Unione europea, in particolare in Francia (ma anche in Belgio, Germania e Paesi Scandinavi) e sembra una concorrenza impossibile ma una spiegazione c’è. Nell’Esagono arrivano vini che costano intorno all’euro per i ristoranti maghrebini ed “è un peccato, secondo Samia, perché non fanno una buona reclame al nostro prodotto. Il Marocco nel marketing è più bravo ma anche noi stiamo migliorando. Domaine Neferis ha rivoluzionato ad esempio il packaging, l’immagine e ha scelto un target vario ma non mass market. Il vino che costa meno è a 2,60 euro e arriva fino a 65 dinari al Carrefour, il più costoso sul mercato nazionale”.
La scelta della GDO in Tunisia è obbligata anche se potrebbe penalizzare l’immagine di un prodotto raffinato. D’altronde il Paese vieta la pubblicità agli alcolici, dunque lo scaffale del supermercato è indispensabile per una società dove il passa parola soprattutto nel lusso è fondamentale.
Visto il tuo piglio mi chiedo se nella tua mission ci sia anche una sana educazione a bere meno e bere meglio dei giovani tunisini.

Tunisia, il mercato delle spezie
Tunisia, il mercato delle spezie

“Il mio lavoro professionale è stato questo finora e continuo a farlo. Una delle sfide è portare il vino tunisino in Europa anche perché viaggiare e assaggiare è un grande stimolo per me. La nostra azienda si rivolge già ad un cliente selezionato, almeno per il potere d’acquisto. Il lancio di Château des fleurs, con la bottiglia satinata chiara è stato però un invito per i giovani che vogliono avvicinarsi al mondo della qualità”.
Che cosa vuoi fare da grande? “Continuare a lavorare nel vino, forse mi piacerebbe mettermi in proprio, nel senso di lanciare una mia linea, come nella moda, magari – come dite voi in italiano, una parola che mi piace molto, aggiunge con la soddisfazione di chi maîtrise bene la lingua – per fare una produzione di nicchia, magari solo 3mila bottiglie sulla falsa riga della nuova linea di passito rosso che abbiamo cominciato a distribuire a marzo scorso con buon successo: la metà è venduta. L’idea però di promuovere formazione e corsi sul vino mi sembra prematura. Non c’è ancora domanda”.
Visto che tu sei curiosa, potresti provare ad aprire in Tunisia la via del vino da dessert o della spumantizzazione. “Non mi sembra che ci sia interesse, non ancora”.
Se la situazione a livello di tensione dovesse peggiorare, visto lo stallo e l’incertezza delle prospettive, potresti pensare di trasferirti altrove, anche se hai una bambina piccola?
Voglio continuare a vivere in Tunisia. E’ l’unica condizione che ho posto a mio marito, turco, perché amo questa terra ed è qui che devo fare i conti con la mia capacità, provare a vincere la scommessa fra tradizione e modernità, far capire che si può lavorare in azienda, dedicarsi al vino senza rinnegare la propria cultura.”

La Tunisia del vino
Le zone vinicole più importanti:
Grombalia
Tunisi
Bizerte
Per quanto riguarda i vini: moscato di Tunisia forse il più noto.
Diffusi i vitigni europei quali: Alicante-Bouchet (Grenache), Cinsault, Grenache (Garnacha, Cannonau), Carignan (Francia, Carignan; Spagna, Carena; in Italia solo in Sardegna) Nocera, Pinot Noir (originario della Borgogna, base dei grandi vini, considerato il più aristocratico dei rossi) per i rossi; Sémillon (vitigno base per i grandi Sauternes che è attaccato da una muffa, la botritys cinerea), Pedro-Ximenes, Moscato di Terracina e Moscato di Frontignan per i vini bianchi.
Tra i vitigni locali: Abeidi, Mizzutello, Sultanieh
Legislazione: dal Decreto legge del 10 gennaio 1957, integrato dal decreto 73.30 del 31 maggio 1973, si sono create 4 categorie di vini:
1. V.C.C. Vins de Consommation Courante;
2. V.S. Vinas Supérieurs;
3. V.D.Q.S. Vins Délimités de Qualité Supérieur;
4. A.O.C. Appelation d’Origine Controlée. In questa categoria per quanto riguarda i Moscati esistono le seguenti certificazioni: Moscato di Thibar, Radès, Kélibia, Côteaux de Tebourba e Sidi Salem
Appélation d’Origine Contrôlée
Da ovest ad est
AOC premier Cru Thibar
AOC Coteaux d’Utique
AOC AOC Coteaux Tébourba
AOC Grand Cru de Mornag
AOC Sidi Salem nel quale rientra il Domain Neferis con tutti I vini classificati
AOC Nuscat de Kelibia
AOC Mornag

Tunisia, un angolo di Tunisi
Tunisia, un angolo di Tunisi

Trenta milioni di bottiglie per un paese che conta poco più di dieci milioni di abitanti e la produzione che resta al 70% nel paese. Dall’alcol lo Stato ricava una buona entrata per le accise alte, altissime sullo spumante che ne scoraggia l’avvio della produzione. La domanda è prevalentemente vino rosso, seguita dal bianco e rosé; mentre non esiste una cultura del vino da dessert. Il paradosso è che il vino in Tunisia viene venduto ad un prezzo maggiore sul territorio piuttosto che all’estero. La pubblicità degli alcolici è vietata ma si trovano facilmente nei supermercati tranne nel periodo del Ramadan. Merita però farsi un giro alla vigilia dell’inizio del periodo del digiuno per vedere i carrelli dei tunisini fare scorta di superalcolici, birra e vino, in previsione dell’astinenza, da acquisto evidentemente più che da consumo. Bevono gli uomini più che le donne, le classi alte per darsi un tono – lo champagne lo si trova solo in qualche grande albergo e allo spaccio diplomatico americano – e i giovani per sballare. Poche le vie di mezzo nel consumo. Negli ultimi dieci anni il salto di qualità è stato notevole ma molto resta da fare, seguendo il sistema delle doc francesi con le zone vocate tutte al nord, concentrate intorno a Tunisi, Grombalia e il dito della Tunisia. La produzione è divisa tra la UCCV, l’Union Centrale des Coopératives Viticoles a base pubblica e alcuni privati. In ogni caso il servizio è discreto nei ristoranti e ormai la carta dei vini è diffusa ovunque. C’è anche una birra nazionale, la Celtia, che da un po’ di tempo è venduta via Internet dove per ragioni di gusto e costi ha trovato grande apprezzamento in Germania, strano a dirsi e nei supermercati francesi. In questo periodo di transizione la Tunisia si trova a fare i conti con il turismo in crisi, l’economia incagliata, spinte tradizionaliste forti e il mercato dell’alcol che deve rispondere ad una domanda di consumo in crescita per qualità e quantità. Difficile pensare che tutto questo possa finire, anche se tra mille contraddizioni.

There are 2 comments
  1. Sami Trimeche

    la Tunisie est une mosaïque de terroirs qui s’expriment admirablement , entre autres , dans des vins divins … reste le coté faiseur de vin , surtout dans sa courte histoire , la Tunisie n’a pas vue beaucoup de femmes œnologues , j’ai voulu m’incliner devant la communion que réussie Samia Ben Ali entre ce terroir millénaire et son doigtée magique

  2. Elena Roppa

    Sami, merci beaucoup pour votre commentaire!

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